Quasi duemila anni or sono, così esordiva lo
scrittore e filosofo latino Seneca nel suo "De brevitate vitae":
"La maggior parte degli uomini si lamenta dell'ingenerosità della natura,
perché nasciamo destinati ad una vita breve e il tempo che ci è concesso
trascorre in fretta; così rapidamente che, salvo pochissimi, la vita ci
abbandona proprio quando ci apprestiamo a viverla.
Di
questa presunta sventura non si duole solo il popolino e la gente ignorante;
se ne lamentano anche uomini illustri. In realtà, non è che di tempo ne
abbiamo poco: è che ne sprechiamo tanto.
La vita che ci è data è lunga a sufficienza per compiere grandissime
imprese, purché sia spesa bene; ma se viene dissipata nel lusso e
nell'ignavia, se non la s'impiega utilmente, solo quando giungiamo
all'inevitabile fine ci rendiamo conto che è trascorsa senza che neppure ce
ne accorgessimo.
E' così: la vita che abbiamo ricevuto non è
affatto breve: siamo noi a renderla tale. Del nostro tempo non siamo avari,
ma prodighi. Come un patrimonio immenso nelle mani di un padrone inetto può
svanire in un istante mentre uno più modesto, se affidato a un buon
amministratore, con il tempo aumenta di valore, così la nostra vita dura a
lungo per chi ne sa disporre bene".
Lucio Anneo Seneca
(4 a.C. - 65 d.C.)
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